Sertorius si era sempre chiesto, quand’era ancora governatore, cosa potesse significare per quei vagolanti personaggi che egli osservava dall’alto, puntare recisamente verso il confine di una provincia e varcarlo. Lo aveva visto fare a molti di loro con noncuranza, quasi non vi fosse stato nulla che esulasse anche solo di poco dalla normalità lì, oltre il cartello azzurro. Eppure esso rappresentava per la maggior parte di loro un limite invalicabile. Ed anche per lui, ridotto ad una forzata cecità da quella nera, immensa, triangolare oscurità che circondava da sempre qualunque città fosse stato incaricato di fondare, la via verso l’Impero era sempre stata una fitta nebbia misteriosa celante chissà quali segreti, illuminabile solo col lume della fantasia.
Dal suo attraversamento, nella sua nuova forma corporea, Sertorius si era aspettato un’esperienza edificante, mistica, quasi avesse dovuto trattarsi di un suo personale rito iniziativo alla missione che, suo malgrado, aveva deciso di compiere.
Tanto grande fu dunque la sua disillusione quanto lo erano state le sue aspettative: tutto il “rito” si era condensato nella dissolvenza improvvisa del buio, che aveva lasciato il posto ad un’altra provincia, o meglio, a quella che avrebbe potuto essere un’altra provincia ma che era nient’altro che un desertico paesaggio affatto simile alle sue città, prima che iniziasse a mettervi mano.
- Tutto qui?! Sarebbe questo il grande mistero che si cela dietro il “Cartello Azzurro”? Ed io che mi aspettavo di trovarmi davanti un tipo che mi offrisse la pillola rossa o quella blu… No! Solo un'altra dannatissima mappa! Quasi quasi giro i tacchi e torno indietro a portare altra rovina a quel mascalzone! Ah! Non avrei mai immaginato che potesse essere così divertente distruggere senza ritegno ciò che avevo faticosamente creato! Anche se un po’ mi dispiace per quei poveri vagabondi costretti a lasciare la città nel bel mezzo di una tempesta… Un momento! -
Solo in quel momento Sertorius s’accorgeva il tempo era cambiato: la furiosa tempesta scatenata, non poteva essere altrimenti, dall’ira di Nettuno aveva lasciato il posto ad una bella notte di luna calante, limpida e fresca.
- Ma com’è possibile? Prima che varcassi il confine sembrava stesse per cadermi il cielo stesso sulla testa ed ora… ? -
Ma subito un pensiero inquietante gli si fece strada nella mente, cancellando subitamente ogni altra preoccupazione:
- Devo sparire! Allontanarmi il più possibile da questo posto! Non posso sapere quali armi abbia quello sporco usurpatore dalla sua parte, ma di certo in questo momento non può vedermi ed è meglio approfittarne. Visto quant’è facile passare il confine tanto vale farlo di nuovo -
Corse verso il lato opposto della mappa, che fortunatamente era minuscola, ed una volta arrivatovi la peculiarità che si era precedentemente aspettato lo colpisse al momento dell’”iniziazione” gli si palesò impertinente nella forma di cinque uscite diverse, tutte inequivocabilmente segnalate dall’apposito cartello azzurro.
- Ma che diavolo…? -
La sorpresa lo sconvolse, lasciandolo inebetito per qualche istante:
- Cinque uscite?! Che storia è questa? Non ho mai visto niente di simile io! E quale differenza corre tra l’una e l’altra? Un modo ci deve essere per saperlo. Forse… -
E si frugò con la mano nella tasca del camice a quadratini blu tirandone fuori un topo bianco, con una lunga coda anch’essa bianca e due grosse orecchie, sproporzionate rispetto al resto del corpo pur voluminoso.
- Lo strumento inseparabile di ogni governatore! Vediamo se funzioni ancora, o se la pioggia ti ha… Vediamo! -
Lo puntò contro uno dei cartelli premendogli l’orecchio destro.
Subito gli si materializzò davanti una lastra beige molto grande sulla cui sommità, ad eguale distanza dai bordi decorati in rilievo, torreggiava la scritta “Verso l’Impero”. Immediatamente al di sotto di essa, una larga sezione rettangolare incassata recava incise le parole “Nessuna persona in questo luogo” ed ancora più in fondo, nella parte che evidentemente destava più d’ogni altra l’interesse di Sertorius altre incisioni di una scura tinta marrone informavano:
“Questa è la strada che porta verso altre province dell’Impero. Si tratta di una via di comunicazione imperiale e, in quanto tale, deve sempre essere percorribile.
Questa strada conduce a Mediolanum”
Trionfante Sertorius esclamò:
- Funziona! Vediamo le altre! -
Puntò il muso del topo bianco contro una piccola freccia rossa posta all’estremità inferiore destra della lastra: la schermata si dissolse con la stessa rapidità con cui era comparsa.
Ripetendo l’operazione altre quattro volte scoprì che le altre quattro strade portavano a Capua, Brundisium, Tarentum ed Atenae: le provincie più vicine al punto dove si trovava.
Eccetto Atenae, era stato in ognuna delle altre città. Doveva solo scegliere. Propendeva per Mediolanum, senz’altro la più vicina e facile da raggiungere. V’era inoltre un’altra possibilità per la quale gli sarebbe grandemente convenuta questa scelta: il ricordo dei suoi strabilianti ed insperati successi contro le armate di Annibale dovevano giocoforza avere lasciato qualche ricordo di lui nella mente dei cittadini di Mediolanum! Ritornando nella sua vecchia provincia, probabilmente avrebbe potuto essere riconosciuto, la qual cosa gli poteva senz’altro tornare utile.
Rimise il topo nella tasca e legando il peluche a forma di leone sulla pala della Vanga del Giudizio, imboccò la via di Mediolanum. Attraversando di volta in volta i vari confini delle diverse piccole mappe dalle uscite plurime, non poté fare a meno di notare come il paesaggio fosse monotono e scarsamente suggestivo: sapeva che la colpa era da ascriversi non all’incapacità dei creatori di quel mondo, ma alle scarse potenzialità degli strumenti a loro disposizione, con i quali erano pur riusciti a dare vita ad un Universo ancora attivo e vitale a due ere di distanza dalla sua nascita: ciò nondimeno una smania sempre più incontrollabile si faceva strada nel suo animo, alimentata dall’evidente scarsezza di progressi. L’eccitazione derivante dal suo nuovo specialissimo stato era sfumata da molto quando finalmente vide il primo villaggio sorgere in una piccola area disboscata vicino a un fiume. Notò che in questo luogo non vi erano varie uscite ma una sola. Immaginò si trattasse di uno di quei villaggi situati vicino alle città, cui accennavano i messaggi che riceveva in vista di un’imminente invasione nemica. Decise di fermarvisi. Non aveva certo bisogno di mangiare o bere, lui, Sertorius, nonostante avesse assunto, ancora non ricordava come, un corpo materiale, né la stanchezza del viaggio lo aveva minimamente fiaccato: tuttavia la prospettiva di poter scambiare quattro chiacchiere con qualcuno, dopo la lunga solitudine, lo allettava.
Fece per avvicinarsi ad uno dei cittadini che giravano per le strade del villaggio, ma si fermò di colpo scorgendo all’orizzonte, ovvero a bordo mappa, una scena che non aveva mai visto fino al quel momento: dalla via dell’Impero spuntavano a piccoli gruppi degli uomini con vesti di pelle marroni, trascinanti ognuno un carretto giallo, coperto da alcuni teli; dietro ogni carretto v’era un cane bianco, con la coda sollevata a mezza altezza. Tutti avevano un’espressione contrita, evidentemente arrabbiati per qualche ragione oscura. Sertorius, che aveva riconosciuto la sagoma tipica degli immigranti, era sorpreso di vederli spuntare dalla via d’uscita, per di più con quell’espressione truce, del tutto inconciliabile con i toni placidi e gioviali con i quali essi erano soliti parlare. S’accostò ad uno di essi per indagare:
- Ave, buon uomo! Spero non ti sia di disturbo se ti faccio qualche domanda. Posso sapere da dove venite? Ho sempre desiderato sapere da dove arrivano gli immigranti! -
L’uomo al quale si era avvicinato lo squadrò da capo a piedi con una smorfia a metà tra il divertito e il disgustato, che ricordò a Sertorius l’aspetto, non certo decente, con il quale era costretto a presentarsi, poi rispose:
- Immigrante? Io? Chiunque tu sia, faresti bene a mettere tra te e questa città più distanza possibile come stiamo facendo tutti. Già è difficile trovare lavoro e quando lo trovi fai la fame lo stesso! Il mio cane non lavorerebbe per l’elemosina che danno qui! Me ne vado! -
E così dicendo riprese a camminare verso il punto dal quale Sertorius era entrato. Ma questi, non pago della risposta ricevuta, lo seguì fermandolo nuovamente. L’uomo parve non gradire affatto:
- Ma, buon uomo! Un istante ancora! Non mi hai risposto! Hai detto che qui vicino c’è una città! Si tratta di Mediolanum forse? Sto cercando di raggiungerla! E poi, perdonami se ti contraddico, ma sapevo che i salari da queste parti fossero generosissimi! -
Il suo interlocutore sgranò gli occhi, evidentemente sorpreso di sentirsi parlare a quel modo da quello che si stava sempre più convincendo - Sertorius glielo leggeva in faccia - essere un perfetto idiota, cosa che avrebbe giustificato tra l’altro il suo ridicolo abbigliamento. Forse spinto dalla volontà di liberarsene quanto prima rispose:
- A Mediolanum? I salari sono stati generosi molto tempo fa, all’epoca delle invasioni dei Cartaginesi: pare ci fosse un grande governatore a quel tempo, che aveva costruito una splendida città sorta in tempi nefasti e per di più sulla rotta delle armate di quell’Annibale. Ma adesso non ne resta un briciolo della sua vecchia gloria. Ed ora, scusami tanto, ma, come ho detto prima, vorrei allontanarmi il più possibile da questo posto -
E se ne andò lasciando Sertorius sbalordito da quella rivelazione. Mediolanum decaduta a quel modo? E com’era accaduto tutto questo? Era sicuro di aver lasciato una città fiorente con salari il doppio più consistenti di quelli di Roma e tasse molto poco esose. Eppure quell’uomo sosteneva il contrario. Una smania improvvisa lo assalì: doveva sapere cosa era successo alla sua vecchia città, ma soprattutto doveva farsi riconoscere dai suoi cittadini, i quali lo avrebbero certamente accolto festosamente per di più nelle condizioni in cui si trovavano attualmente. Deciso com’era ad andare in fondo ai suoi propositi, Sertorius si mosse risoluto verso l’ultimo confine.
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